Bomba Temporary a Pescara

Oltre trentamila bombe vendute in un mese e altrettante polemiche. Ma perché?

bomba niko romito

INTRODUZIONE

Ho preferito far raffreddare un po’ la Bomba di Niko Romito piuttosto che parlarne quand’era ancora troppo calda.

La faccenda mi interessa e ne scrivo unitamente perché il fenomeno di marketing e comunicazione, l’impatto sociale e il tema gastronomico sono tre aspetti che tremendamente si confrontano col mio quotidiano professionale.

bomba Niko RomitoA chi fosse sfuggito, il Temporary Shop voluto dallo Chef abruzzese pluristellato ha aperto le sue porte poco prima dell’inizio delle festività natalizie nella mia città – Pescara – dopo un’attesa di non più di un paio di settimane in cui la stampa ne ha iniziato a parlare e i rumors cittadini si sono fatti via via più concreti.

Non poche sono state le polemiche intorno all’apertura di un format già esistente in altre città da tempo: chi se l’è presa con la troppa fila, costante sin dal primo giorno, chi se l’è presa con il prezzo, chi con il fatto che il prodotto fosse “congelato”, insomma in poche settimane la città è diventata un vero e proprio campo minato: in ogni momento ne scoppiava una, è proprio il caso di dirlo.

Tanto clamore ha fatto la bomba di Niko Romito, che si è sentita persino l’esigenza di organizzare un “Bomba Day”, il giorno dell’Epifania, per riaffermare l’autentica artigianalità di un prodotto di pasticceria da fare al momento, da riempire di fresca crema d’uovo appena deposto e che per di più costi un euro – agli adulti. Ai bambini, bombette gratis!

 

PAROLA AL POPOLO

Ora innanzitutto mi chiedo quale sia il senso di boicottare una qualsivoglia iniziativa imprenditoriale – etica e di indubbio successo – all’interno della città.  La libertà di scelta, grazie al cielo, consente ad ognuno di noi di consumare la propria bomba preferita in questo o in quell’altro bar, dal nostro pasticcere di fiducia o al supermercato. Ma perché inveire contro chi va a mangiarla da Niko Romito, o scagliarsi contro lo stesso Chef per aver concepito un prodotto così, questo faccio fatica a comprenderlo. Come se la possibilità di continuare a consumare la bomba di sempre fosse stata tolta ai cittadini dopo l’apertura del nuovo format. Se vogliamo parlare degli assembramenti o delle file, o di chi ha consumato la bomba appena fuori dal locale, non credo che spettasse a Chef Romito far rispettare le regole al di fuori del negozio. Secondo me è come chiedere ad una casa automobilistica di non produrre più auto perché c’è troppo traffico in città.

 

LE VECCHIE 4P FUNZIONANO SEMPRE

La più tradizionale scuola di Marketing insegna come ogni progetto giri intorno alle famose 4P: Prodotto, Prezzo, Posizionamento e Promozione.

* Mi permetto una licenza poetica sul posizionamento, dal punto di vista accademico non esattamente una delle “P”, ma utile in questo caso a descrivere un aspetto importante del marketing di questo progetto.

Accennando rapidamente al prodotto, questo è frutto di una lunga ricerca e sperimentazione maniacale, analoga a tutti i progetti di Chef Romito. Una bomba spiegata per filo e per segno nel suo Manifesto del 2015, ribadito in uno dei post che lo Chef si è trovato a dover scrivere in queste settimane. Un prodotto abbattuto termicamente e rigenerato è la direzione della nuova gastronomia, della cucina che consente controllo e replicabilità, qualità uniforme e processi standardizzati, ma non stiamo parlando di merendine industriali preconfezionate. È tutta un’altra storia.

Eppure, si è parlato di “congelato”. Non voglio addentrarmi nella differenza tra congelato e surgelato o abbattuto, tra artigianale, standardizzato e industriale, ma non avevo mai sentito tante polemiche per l’astice ordinato al ristorante e presente in menu “tutti i giorni”, per i panini dell’autogrill, per le merendine, per i wurstel, per i funghi a Luglio, e così via.

Un altro aspetto sotto accusa è stato il prezzo. Ora un prodotto frutto di ricerca come quello di Chef Romito ha naturalmente il suo costo, non perché la bomba abbia un costo di materia prima tanto più elevato di un altro (ma anche qui ci sarebbe da dire molto) o perché Romito debba mettersi in tasca più soldi di altri, ma perché – come per tutti i lavori – gli anni di ricerca, esperienza, sacrifici, studio, prove – sono quelli che si pagano nel prodotto finale. Qualcuno più bravo di me ha detto più o meno che

Se impiego dieci minuti per eseguire un lavoro, è perché sono vent’anni che mi alleno ogni giorno. Il costo del mio lavoro deve ripagare i vent’anni, non i dieci minuti”.

Anche qui, a storcere il muso davanti a un gelato confezionato industriale da 3 euro o un panino dell’autogrill non ho mai visto nessuno, con tanta violenza.

Infine, la Bomba di Niko Romito è stata straordinariamente raccontata, confezionata, venduta all’interno di un contenitore praticamente perfetto. Packaging studiato in dettaglio, personale formato adeguatamente, divise, colori, comunicazione. Un’operazione di marketing – nella sua accezione positiva, c’è da specificarlo – a trecentosessanta gradi, molto ben riuscita. Perché oggi, che piaccia o no, la confezione conta eccome. Il prodotto è necessario, ma il contenitore lo è divenuto altrettanto se non di più, perché è grazie al contenitore che la percezione del contenuto cambia agli occhi del consumatore, ma di questo ne riparlerò magari più in là.

 

CONCLUSIONI

Insomma, personalmente trovo questo progetto completamente riuscito, mi stimola alla ricerca di nuove idee, traccia le linee guida per nuovi format, stimola l’inventiva di chi ne sa cogliere le positività. Avrebbe potuto stimolare idee diverse negli imprenditori locali, che invece sono caduti nella trappola più facile, subdola e secondo me sbagliata: la guerra dei prezzi, il boicottaggio provinciale gridato a suon di social.

Invece io dico Bravo Niko, Chef geniale e imprenditore visionario della ristorazione, superiore alle polemiche e concentrato sul progetto. Sempre sul pezzo. Come piace a me.

 

Raffaele Rotondo Bomba Niko Romito

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