Che fine hanno fatto i miei clienti?

Le piattaforme di delivery hanno azzerato il rapporto umano, anche quello con i clienti storici, con i quali la relazione all’interno del ristorante era parte fondamentale dell’esperienza. C’è un rimedio?

chef cucina ristorante

INTRODUZIONE

La pandemia di Covid-19, si sa, ha messo in ginocchio interi settori. Tra questi, uno dei più colpiti è senza dubbio quello della ristorazione.

I ristoranti – e la maggior parte dei locali in genere – hanno dovuto rivedere la propria offerta e le proprie modalità di servizio tentando, con non poche difficoltà, di restare a galla entrando nel mare magnum del Delivery, la consegna del cibo a domicilio, rimasta l’unica ancora di salvezza, non per tutti, per cercare di non chiudere per sempre la serranda.

Qualche giorno fa ho letto un articolo su Reporter Gourmet che mi ha ispirato un approfondimento su questo tema, andando alla ricerca di uno spunto utile a migliorare i servizi digitali per il settore della ristorazione.

food delivery

 

IL DELIVERY BISOGNA SAPERLO GESTIRE

C’è da fare una premessa fondamentale, che avevo già accennato in un altro articolo: un ristorante che nasce per il servizio in sala deve fare uno sforzo mentale e un investimento materiale importante per aprire anche il canale della consegna a domicilio. Non basta inscatolare il menù à la carte e consegnarlo tramite il primo driver col motorino. Bisogna ripensare una linea in grado di soddisfare un tipo di servizio completamente diverso, in grado di gestire diversamente i tempi di cottura e il tempo del trasporto, all’interno di un contenitore diverso dal piatto usato nel servizio in sala.

food delivery packaging

 

DOVE SONO I MIEI CLIENTI?

Ma se gli aspetti menu e trasporto sono in qualche modo gestibili, ciò che è davvero difficile recuperare è quel rapporto umano con i clienti, soprattutto quelli più affezionati, che al ristorante vanno non solo per mangiare, ma per fare un’esperienza relazionale coinvolgente, in cui l’oste conosce i tuoi gusti, il tuo vino preferito, sa quand’è il momento di proporti un piatto e conosce persino le tue intolleranze, quando sa come invitarti a provare un piatto fuori menu e sa se sei il tipo che lo accetta e si affida o se vuoi leggere la carta e ordinare da lì e così via.

La relazione con i clienti è una parte fondamentale dell’esperienza della tavola. Essere in grado di leggere una situazione è compito del personale di sala, che deve agire di conseguenza prendendo decisioni rapide e concrete.

Oltre all’aspetto relazionale, questo approccio aiuta molto anche la cucina. Se il personale di sala sa che c’è un momento di affanno, tenderà a sconsigliare l’ordine di un piatto particolarmente complesso, o se c’è un ingrediente particolare in cucina, potrà promuoverlo di più rispetto ad un altro. Gli esempi sarebbero davvero tanti.

food delivery app

La consegna a domicilio ha praticamente azzerato tutto questo. Soprattutto l’ordine tramite piattaforme terze è assolutamente asettico. La libertà più grande sta nel poter scrivere una “Nota per il ristorante”, che per di più ha la facoltà – in alcune piattaforme – di posporre l’orario di consegna quasi a nostra insaputa.

Non è possibile sapere chi c’è dall’altro lato se non il nome di chi paga o il nome sul citofono all’indirizzo di consegna. Non sappiamo se dall’altra parte c’è una famiglia con bambini o una coppia di fidanzati, non possiamo leggere le esigenze e agire di conseguenza.

L’analisi dei dati è fattibile solo a livello di ordini e fatturato, manca quel mondo di micro-dati di cui i maitre esperti fanno tesoro ad ogni servizio.

E allora che fare?

C’È UN RIMEDIO?

Come rimediare a questa grande mancanza?

È naturale che l’esperienza della ristorazione tradizionale sia impareggiabile, ma così come la tecnologia è in molti casi andata incontro all’umanità, anche in questo caso forse qualcosa si può fare.

Innanzitutto preferire una piattaforma proprietaria alle piattaforme commerciali, che sono sì efficienti ma tolgono quasi ogni tipo di interazione tra cliente e ristorante.

In secondo luogo l’idea potrebbe essere quella di provare a costruire un’esperienza digitale di ordine più simile possibile a quella del ristorante tradizionale. Che significa? Ad esempio un percorso di acquisto più umano e non fatto di “aggiungi al carrello”, “vai alla cassa”, e termini più adatti ad un sito che vende scarpe rispetto a cibo. L’inserimento di una chat in tempo reale che faccia da guida, da aiuto all’utente che può davvero interagire con il ristorante. Evitare un elenco asettico di piatti o ingredienti ma costruire in alternativa dei percorsi che provino a intercettare la nostra voglia di quel momento e a tramutarla in una serie di piatti, e così via.

E non dimentichiamo il servizio post-vendita. Recensioni, richiesta di feedback e quant’altro possa esserci di aiuto a migliorare il servizio. Non essere troppo insistenti ma cercare di portare a casa qualcosa di utile. I dati sono un asset aziendale fondamentale da costruire e custodire per farne il giusto uso.

Queste ed altre ancora potrebbero essere tutte accortezze che da un lato provano, seppur in maniera lontana dalla realtà, a riavvicinare un po’ i clienti ai ristoranti, e dall’altro lato costituiscono un modo di differenziarsi dagli altri e soprattutto di consolidare una clientela che con maggiore probabilità ritornerà, perché l’esperienza d’acquisto è stata coinvolgente e il cibo ha (naturalmente) mantenuto le promesse.

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Raffaele Rotondo
Raffaele Rotondo
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