If Content is King, Distribution is Queen

Se il contenuto è il Re, la distribuzione è la sua Regina - e porta i pantaloni.

INTRODUZIONE

L’espressione “Content is King, but Distribution is Queen” non l’ho inventata io. È una famosa e magica frase detta da Jonathan Perelman (BuzzFeed) in un suo famoso discorso che puoi vedere qui.

La scorsa settimana ho parlato della prima parte: i contenuti e la loro importanza in un mondo sempre più ricco – fin troppo – di stimoli e in cui i canali si saturano sempre più rapidamente. Un buon contenuto è senz’altro fondamentale, senza di esso manca l’oggetto stesso della comunicazione. Ma cosa accade se un contenuto rimane chiuso in un cassetto?

Così come dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, il contenuto non può essere da meno, e dietro di lui anzi, al suo fianco, la distribuzione gli fa da Regina. Vediamo cosa significa.

LA METAFORA DI MARADONA

Nel corso degli anni a lavoro ho tirato spesso fuori questo parallelismo, dicendo che se la buon anima di Maradona fosse rimasto in panchina, poteva essere bravo quanto volete, ma non avrebbe messo a frutto il suo talento. Questo esempio in effetti è perfettamente applicabile alle capacità di qualcuno, che se non messe a frutto, restano inespresse, e filosoficamente potremmo addirittura asserire che non esistono perché non le vedo.

Stesso discorso vale per i contenuti. Se li produco ma nessuno ne fruisce, potrebbe essere come non averli mai prodotti. Ecco che entra in gioco l’importanza della distribuzione. In particolar modo nel campo digitale, la distribuzione è fatta attraverso motori di ricerca, social, portali, pubblicità a pagamento e così via. Si tratta di tutte le strade che occorrono per distribuire, appunto, i contenuti alle persone. Nel campo tradizionale, la distribuzione dei contenuti è fatta sui giornali, in televisione, sui volantini e via dicendo.

In un altro articolo ho parlato di “cattedrale nel deserto” riferendomi ad un e-commerce – ma la cosa è applicabile a qualsiasi contenuto – che oggi viene progettato e costruito senza una strategia di distribuzione, senza cioè costruire le strade per raggiungere questa bellissima cattedrale. La costruzione di una cattedrale (o di un sito web o dei contenuti sui social) è uno sforzo necessario ma non sufficiente.

Attenzione: la cosa non cambia affatto per gli strumenti analogici: se stampi 10 mila volantini per l’apertura del tuo locale, ma non li distribuisci in maniera corretta, non otterrai l’effetto desiderato, cioè che le persone vengano a mangiare da te. La stessa cosa accade online, ma purtroppo in molti pensano ancora che internet sia una scatola magica dove tutto avviene quasi miracolosamente, quasi senza intervento umano, perché … “ho un sito internet…” e questo dovrebbe bastare a se stesso.

COM’È CAMBIATA LA DISTRIBUZIONE NEGLI ANNI

Nel corso degli anni internet si è evoluta a dismisura. Nel campo della distribuzione, si è passati dai portali alla ricerca e dalla ricerca ai social. Oggi in pratica i social sono diventati una fonte di informazione (non ho detto una fonte sempre attendibile di informazioni) ma quando attiviamo lo smartphone, quante volte facciamo una ricerca su un motore di ricerca e quante invece attiviamo la Slot Machine del nostro social preferito alla scoperta di nuovi contenuti?

I canali sono aumentati enormemente e si sono riempiti sempre di più, sino a rendere la visibilità e il poter essere trovati davvero aspetti complessi da gestire. Gli algoritmi che governano la distribuzione dei contenuti sui social sono sempre più duri da fronteggiare, e di anno in anno vediamo che la reach organica (la capacità “naturale” di un contenuto di essere visto da chi segue una determinata fonte – pagina o profilo) si abbassa sempre di più. Perché? In primis perché i vari social non sarebbero plurimiliardari se non guadagnassero sulla sponsorizzazione dei contenuti affinché questi vengano “spinti” più in alto e più in evidenza rispetto a chi non tira fuori un centesimo per emergere. In secondo luogo perché, come già detto, i canali sono sempre più affollati e in una piazza affollata di gente che parla, a parità di tono di voce, ti sentono sempre meno persone seppur vicine a te.

Stessa cosa si può dire dei motori di ricerca. Una volta, facendo una ricerca su internet, i risultati erano sì tanti, ma non come oggi. Se oggi volessi acquistare un qualsiasi articolo, online ne troverei decine di alternative, di ogni marca, modello e prezzo possibile e immaginabile. Vale anche per le informazioni: qualsiasi cosa cerchi, ne parlano decine di migliaia di siti.

I miei stessi contenuti, non sono mica il primo che scrive queste cose. E allora come si vince la lotta ad essere visibili?

LA GENERAZIONE DELL’ATTENZIONE

Quella di oggi è la vera e propria generazione dell’attenzione, o della disattenzione, a seconda dei punti di vista. Tutti cerchiamo l’attenzione di altri. Sui social, quando pubblichiamo contenuti, sul mercato, quando piazziamo un prodotto, in vetrina o su uno scaffale, quando vorremmo stare davanti a tutti. È naturale che in un’epoca dove tutti vogliono attenzione e cercano in ogni modo di averla, lo sforzo necessario ad arrivare prima e meglio degli altri dev’esser sempre maggiore.

Per questo quando in azienda sento frasi del tipo: “facciamo il sito ma non abbiamo budget per la sponsorizzazione” mi viene da pensare, perché è come acquistare una macchina e non avere i soldi per la benzina. Eppure nessuno si sognerebbe di comprare la macchina nuova e lasciarla senza benzina perché “l’importante è avere una macchina”.

Abbiamo quindi un problema di duplice natura: una rete già piena di contenuti simili ai nostri, per cui bisogna differenziarsi in qualche modo, e la necessità di far sapere alle persone che esistiamo e che abbiamo dei contenuti che potrebbero interessare loro.

In sostanza per renderci visibili, o almeno “trovabili” e avere l’attenzione degli altri, oggi bisogna investire. E nemmeno poco.

COME ORIENTARSI CON LA DISTRIBUZIONE

Ora che hai capito quanto è importante la distribuzione oltre al contenuto, cerchiamo di capire come orientarsi in questo mare di possibilità. È inutile dire che bisogna partire dagli obiettivi che si vogliono raggiungere e da una strategia per raggiungerli. Senza questi due elementi, tutto quello che segue potrebbe essere paragonato ad avere davanti un supermercato con scaffali pieni di prodotti che si possono acquistare, tutti belli e buoni (per qualcosa) ma senza sapere cosa vorrò cucinare e di conseguenza quali ingredienti dovrò comprare.

 

LA SCELTA DEI CANALI E DEI CONTENUTI

Innanzitutto bisogna scegliere i canali adatti al tipo di contenuto da veicolare. Non tutto va bene dappertutto. Ci sono decine di social e piattaforme: il mondo non finisce su Facebook e Instagram, questi sono solo i due social più famosi e popolati ma non è sempre un bene. Ne ho parlato anche in un altro articolo a proposito dei ristoranti.

Ogni canale è adatto ad un tipo di contenuto, ad un formato (scritto, foto, video, audio, ecc.) e ogni canale è frequentato da un certo tipo di pubblico: per età, abitudini e tendenze.

I canali si differenziano anche – e soprattutto – per il loro obiettivo. LinkedIn ha l’obiettivo di connettere persone che offrono e cercano lavoro, è una piattaforma più orientata ad una tipologia di contenuti e interazioni di tipo business. Behance, per citare una piattaforma decisamente di nicchia, è ideale per mostrare il portfolio lavori di designer, videomaker, agenzie, persone che insomma lavorano nel mondo della creatività e del design. Il relativamente neonato Twitch è nato come piattaforma per gamers, TikTok ha un pubblico più giovane, Clubhouse è un social esclusivamente audio, e via dicendo.

Ci sono davvero tante piattaforme: sembra che siano circa 250 nel mondo, anche se le più famose sono circa 20 e le più usate una decina (ma tutti continuano a parlare di “dover” stare su Facebook e Instagram).

Puoi scegliere di usarne una in particolare o più di una, perché il tuo pubblico potrebbe essere diviso su diverse piattaforme. Studiale bene prima di utilizzarle e vedi come le utilizzano gli altri. Crea il tuo stile ma cerca di capire che lingua si parla su quel canale, cioè che tipo di comunicazione viene fatta. È importante conoscere l’esistenza anche di piccoli social di nicchia, perché innanzitutto nei social piccoli è più facile farsi una posizione (un po’ come il Maresciallo o il Prete di paese 🙂 ) e poi perché il tuo pubblico più interessante potrebbe essere lì e per te sarà più facile raggiungerlo.

 

IL GIUSTO MIX DI ORGANICO E A PAGAMENTO

Oltre alla scelta dei canali, bisogna lavorare attentamente ad una strategia di distribuzione che includa una portata organica e una portata a pagamento.

Dato che ho usato il termine portata e mi piace fare metafore e paragoni con qualcosa di più tangibile, cercando di avvicinarmi a chi non è completamente addentro a questo mondo, ti dico che la situazione è questa: hai un rubinetto d’acqua gratuita, che però ti fa riempire una bottiglia al giorno perché esce poca acqua (portata bassa). Accanto a questo rubinetto hai un altro rubinetto che ti fa riempire una bottiglia al minuto (una buona portata), però qui l’acqua si paga.

Puoi scegliere se stare lì tutta la giornata e riempire gratuitamente una bottiglia, rischiando che non sia sufficiente al tuo fabbisogno, o se riempire un po’ di bottiglie a pagamento e nel frattempo sfruttare anche un po’ d’acqua gratuita, che non guasta.

Ecco, diciamo che oggi la portata organica dei contenuti sulle piattaforme è circa tra il 3% e il 10% rispetto alla tua audience, naturalmente si abbassa all’aumentare della tua audience.

Significa che se ti seguono 100 persone, al più 10 di queste vedranno i tuoi contenuti in modo organico, spontaneo, nella loro “home”. Le altre 90 non vedranno il tuo contenuto perché gli algoritmi hanno deciso così e tu non puoi farci niente. Se però paghi, come per magia il tuo contenuto viene visto da più persone. E più paghi e più viene visto. Voilà, magia.

Attenzione: la distribuzione a pagamento non è però magia pura, perché il costo è, a seconda delle piattaforme e delle campagne, per click (chi entra nel sito web) o per impression (chi guarda un annuncio, anche se non clicca). E siccome per ogni evento tra questi tiri fuori dei soldi, vuoi assicurarti di spenderli per le persone giuste. Ed ecco qua che entra in gioco il terzo fattore: la targettizzazione, la capacità cioè di rivolgersi alle persone giuste, potenzialmente interessate al mio prodotto o servizio. Devi essere bravo a scegliere il target, perché spendere soldi per contatti non in target significa sprecare budget, e per scegliere bene devi conoscere bene il tuo pubblico. Ci sono strumenti e tecniche anche per questo.

CONCLUSIONI

Scrivendo questo articolo mi sono reso conto di quante cose bisogna tenere in considerazione e di quanto sia estremamente semplicistico dire “mi metto su internet”. Ancora oggi, quando questi temi sono ormai noti e affrontati, c’è un’enorme carenza di cultura digitale nelle aziende, ancorate a vecchi schemi e a vecchie regole figlie di una rete internet di primo pelo.

Distribuire i contenuti oggi è diventato costoso, non ancora come in televisione (per fortuna) ma i prezzi stanno aumentando (all’estero più che in Italia). La pandemia di Covid-19 ha fatto aumentare ancora di più i costi, dato che la nostra vita si è trasferita quasi esclusivamente sul digitale e di certo le piattaforme non si sono lasciate sfuggire l’occasione.

Occorrono competenza, studio e aggiornamento continui. Occorre che nelle aziende ci sia una persona dedicata a questi temi, che sappia interagire con una struttura esterna (nei casi in cui non c’è un vero e proprio team interno, come nelle grandi realtà) e che guidi l’azienda verso un’apertura al digitale strutturata, pensata, ragionata e su cui siano previsti investimenti importanti, come ai tempi fu fatto con i mercati esteri, con l’acquisto dei macchinari e con tutti gli investimenti in asset aziendali importanti. L’ecosistema digitale è un asset aziendale e i contenuti fanno parte di esso. È intangibile perché non fatto di ferro, ma se gestito bene, è un asset pesante come un macchinario.

Il Re contenuto, insomma, è colui che pensa a vestirsi con il suo abito migliore. È La Regina Distribuzione, però, che detta le regole di casa. Decide dove e come si va. Per questo è lei che porta i pantaloni.

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